Giudizio di un uomo fatto vedere a Santa Brigida

Vedeva la sposa che il Demonio presentava sette libri al divino giudizio contro l’anima d’un certo soldato morto; mentre il buon Angelo presentava per quella un solo libro. Ma l’anima non era condannata eternamente, perché il Demonio ignorava che s’era infine pentita internamente. Veniva però condannata per i peccati a nove pene da sopportare nel Purgatorio fino al giorno del giudizio, poiché fino allora aveva desiderato di vivere nel corpo. Cristo però rivela tre rimedi, per mezzo dei quali potrà esser liberata: le saranno immediatamente rimesse quelle pene per le preghiere della Vergine e dei Santi. La supplica invece del buon Angelo non è subito esaudita, ma differita a suo tempo e messa da Cristo in delibera.

Un Demonio apparve nel giudizio di Dio e aveva un’anima tremante, come un cuore che trepida, per un certo defunto. Questo demonio disse al Giudice: Ecco la preda. Il tuo Angelo e io seguivamo quell’anima dal principio alla fine, egli per custodirla, io per nuocerle ed entrambi eravamo alla caccia sua come cacciatori. Ma alla fine ella è caduta nelle mie mani. Per possederla io sono così bramoso e violento come un torrente che precipita e cui nient’altro resiste che un piccolo spuntone: la tua giustizia, e perciò, finché nulla è provato contro quest’anima, non posso ancora con sicurezza possederla. Io la desidero così fervidamente come un animale affamato che per fame azzanna perfino se stesso.

Ordunque il Giudice giusto (disse): Perché è caduta nelle tue mani? e perché gli eri più vicino dell’Angelo mio?
Rispose il demonio: Perché i suoi peccati furono più numerosi delle opere buone. Disse il Giudice: Mostramele.
E il demonio: Ne ho un libro pieno.
E il Giudice: Come si chiama questo libro?
Disobbedienza – rispose il demonio – ma contiene altri sette libri, ognuno con tre colonne; ogni colonna contiene più di mille parole, mai meno di mille, ma qualcuna anche di più.

Riprese il Giudice: Dimmi il nome di codesti libri, poiché, sebbene io sappia già tutto, voglio tuttavia che si conosca la tua volontà e la Bontà mia.
Rispose il demonio: Il nome del primo libro è la Superbia e in questo sono tre colonne. La prima colonna contiene la superbia spirituale nella sua coscienza, per la quale si gloriava della sua vita, da lui creduta migliore di quella degli altri. Si vantava anche della sua intelligenza e d’una coscienza più sapiente di quella altrui. La seconda colonna dimostra che si vantava dei beni a lui dati e dei servi, delle vesti e di altre cose. La terza, espone che era superbo per la bellezza fisica e per la nobiltà della stirpe e per le sue opere. In queste tre colonne vi sono tantissime cose, come tu sai.

Il secondo libro è la Cupidigia sua, con tre colonne. La prima è spirituale, perché pensò che i peccati suoi non fossero così gravi, come gli si diceva e desiderò il Regno di Dio indegnamente, mentre non è concesso che a chi è perfettamente puro. La seconda, perché nel mondo desiderò più del necessario e pensò soltanto all’esaltazione del suo nome e della sua stirpe, tanto da allevare i suoi eredi non al tuo onore, ma a quello del mondo e alla gloria. La terza colonna perché desiderava l’onore mondano e d’essere sopra gli altri, come a te è ben noto, e sono innumerevoli le parole con cui cercava favori e benefici, anche temporali.

Il terzo libro è l’Invidia e ha tre colonne. La prima è quella della mente, per cui invidiava in segreto quelli che possedevano e prosperavano più di lui. La seconda, perché possedette per invidia le cose di quelli che avevano meno di lui e ne avevano più bisogno. La terza, perché per invidia nocque segretamente al prossimo con i suoi consigli e anche pubblicamente a parole e a fatti, sia direttamente, che per mezzo dei suoi e di altri, spinti a far lo stesso.

Il quarto libro è l’Avarizia, con tre colonne. La prima è l’avarizia della mente, perché non volle comunicare quello che sapeva, affinché gli altri non ne ricevessero consolazione e profitto, così pensando: Che me ne viene se al tale o tal altro darò questo consiglio? Quale compenso è per me, se gioverò a lui con quel consiglio o parola? E così il povero se ne allontanava sconsolato, non confortato o istruito, mentre ben avrebbe potuto farlo, se avesse voluto. La seconda colonna diceva che potendo rappacificare i discordi, non volle farlo e pur potendo consolare gli afflitti non se ne curò. La terza colonna era l’avarizia dei suoi beni, poiché se doveva dare un danaro per il tuo Nome, se ne angustiava e gli pesava, mentre per l’onore del mondo ne avrebbe dati cento. In queste colonne ci sono infinite parole, come meglio sai tu. Tu sai infatti tutto e niente ti può essere nascosto, ma mi costringi a parlare perché sia di giovamento agli altri.

Il quinto libro è l’Accidia e anche questo ha tre colonne. Prima colonna: fu accidioso nelle opere, nel bene da fare in tuo onore, cioè nei tuoi comandamenti. Difatti perdette il suo tempo per il riposo del copro: gli erano infatti carissimi l’utile del suo corpo e la voluttà. Seconda colonna: era accidioso nel pensiero. Quando infatti il tuo buon Spirito gli infuse compunzione nel cuore o altra spirituale intelligenza, gli sembrava troppo distante e allontanava la mente dal pensiero spirituale e parve a lui dilettevole e soave ogni godimento mondano. Terza colonna: era accidioso nella bocca; cioè nella preghiera e nel parlare di cose utili agli altri o al tuo onore, pronto invece alle scurrilità e come sono le parole di questa colonna e quanto innumerevoli, tu solo lo sai.

Il sesto libro è l’Ira, con le sue tre colonne. La prima, adirandosi col prossimo suo per tutto quello che non era di propria utilità. La seconda, danneggiando il prossimo con la sua ira, talvolta anche perdendo nell’ira le cose proprie. La terza, turbando con essa il prossimo.

Il settimo libro era la sua Voluttà, che pure aveva tre colonne. La prima, perché indebitamente e disordinatamente spargeva il suo seme. Sebbene infatti fosse coniugato e alieno dal macchiarsi con altre donne, tuttavia per abbracci e vani discorsi o anche gesti impudichi spargeva indebitamente il suo seme. La seconda, perché troppo procace nei discorsi. Induceva infatti non soltanto sua moglie in maggior fuoco di libidine, ma indusse anche altri con le sue parole ad ascoltarlo e spesse volte a pensare colse sconce. La terza colonna era che nutriva troppo delicatamente il suo corpo, preparandosi molte e sontuose pietanze, per maggior diletto della carne e per averne lode dagli uomini, per essere chiamato grande. Più di mille parole vi sono in queste colonne: che si attardava a mensa più del dovuto, non aspettando il tempo stabilito, ciarlando di cose inutili e mangiando più di quello che la natura esigeva.

Ecco, o Giudice, il mio libro è completo e aggiudicami dunque quest’anima.
Mentre il Giudice taceva, s’avvicinò la Madre della Misericordia, che sembrava fosse anche più lontana e disse: Figlio mio, io voglio discutere di giustizia con questo demonio.
Il Figlio rispose: Carissima Madre, se non è negata a un demonio, come potrei negar giustizia a te, che sei la Madre mia e la Signora degli Angeli? Tu pure puoi e sai tutto in me; tuttavia parla per far conoscere la mia carità.

Allora la Madre diceva al diavolo: Diavolo, ti comando di rispondermi a tre cose e devi per ragione di giustizia rispondermi, poiché sono la tua Signora. Dimmi: forse tu conosci tutti i pensieri dell’uomo?

No – rispose il diavolo – ma soltanto i pensieri che dall’azione esterna dell’uomo e dalla sua disposizione io posso arguire o che io stesso gli ispiro, perché sebbene decaddi dalla mia dignità, mi rimase tuttavia tanto del mio acume e tanta sapienza che dalla disposizione dell’uomo posso capire lo stato d’animo; ma i suoi buoni pensieri non posso conoscerli.
Allora continuò la pia Vergine: E anche se non vuoi, diavolo, dimmi qual è quella cosa, che può cancellare quel che è scritto nel tuo libro? Niente può cancellarlo – rispose il diavolo – eccetto la carità di Dio. Chiunque, infatti, per quanto peccatore, avrà quella carità nel cuore, subito si cancella tutto quel che è scritto nel mio libro.

E la Vergine replicò: E dimmi, diavolo, c’è mai qualche peccatore, così iniquo e così lontano dal Figlio mio, che non possa pentirsene mentre è in vita?
E il diavolo: Non c’è alcun peccatore, che non possa convertirsi mentre è vivo, se vuole. Quando infatti qualcuno, per gran peccatore che sia, trasforma la sua volontà da cattiva in buona ed esprime nel suo cuore onore a Dio e vuole liberamente perseverare, neppure tutti i demoni potranno trattenerlo.

Udito tutto ciò, la Madre della Misericordia disse allora ai circostanti: Quest’anima alla fine della vita s’è convertita a me e disse: Tu sei la Madre della Misericordia e hai pietà dei miseri. Io sono indegno di pregare tuo Figlio, perché gravi e molti sono i miei peccati e l’ho molto provocato all’ira, amando più il piacere e il mondo che Dio mio Creatore. Ti prego, perciò, abbi pietà, perché tu a nessuno che t’invochi neghi la misericordia. Perciò mi converto a te e ti prometto che, se vivrò, voglio emendarmi e volgere la mia volontà al Figlio tuo e nient’altro amare che Lui. Soprattutto mi addoloro e gemo, perché non ho fatto niente di buono in onore del Figlio tuo, mio Creatore. Ti prego perciò, o piissima Signora, abbi pietà di me, perché a nessun altro che a te posso ricorrere. Con queste parole e questi pensieri venne a me quest’anima, e non dovevo ascoltarla? Chi mai non merita d’essere esaudito se prega un altro con tutto il cuore e con buona volontà di emendarsi? Tanto più io che sono la Madre della Misericordia devo esaudire quelli che gridano a me.
Rispose il diavolo: Di questa volontà io non sapevo nulla: ma se così è, bisogna che tu lo provi esplicitamente.
La Madre rispose: Tu non sei degno ch’io ti risponda. Ma giacché si fa questo a profitto di altri, come dimostrai, così ti risponderò. Tu miserabile hai detto poco fa che dal tuo libro non si può cancellare nulla, se non dalla carità di Dio. E allora, la Vergine rivolta al Giudice disse: Figlio mio, apra il suo libro il diavolo e guardi se è tutto ancora scritto o qualcosa per caso vi è cancellato.

Allora il Giudice disse al diavolo: Dov’è il tuo libro?
Rispose: Nel mio ventre.
E qual è il tuo ventre? – soggiunse il Giudice.
La mia memoria – rispose il diavolo. Come infatti nel ventre s’aduna ogni immondezza e fetore, così nella mia memoria v’è malizia e nequizia, che tramandano al tuo cospetto come un pessimo fetore. Quando infatti mi allontanai da te e dalla tua luce per la mia superbia, caddi in ogni malizia e s’offuscò la mia memoria per le cose buone di Dio; nella mia memoria c’è scritta ogni iniquità dei peccatori.

Allora disse il Giudice al diavolo: Io ti comando che tu guardi diligentemente e cerchi nel tuo libro che cosa vi è scritto e che cosa cancellato dei peccati di quest’anima; dillo pubblicamente.

Rispose il diavolo: Ecco nel mio libro, vedo scritto altre cose, che non sapevo. Vedo che quei sette sono cancellati e non rimane di loro che spazzatura.

Dopo di che il Giudice disse all’Angelo buono presente: Dove sono le buone opere di quest’anima?
Rispose: Signore, tutto è nella tua prescienza e conoscenza, presente, passato e futuro. Noi tutto sappiamo e vediamo in te e tu in noi. Né è necessario parlarti, perché tutto sai. Ma giacché vuoi mostrare la tua carità, ispiri la tua volontà a quelli che a te piace. Io difatti da che quest’anima fu unita al corpo, fui sempre con essa. Io pure scrissi un libro delle sue cose buone. È in tua facoltà udire questo libro.

Rispose il Giudice: Non posso giudicare senza prima ascoltare e aver conosciuto il bene e il male. E tutto poi considerato, si deve giudicare come la giustizia esige, sia per la vita che per la morte. L’angelo rispose: Il mio libro è la sua obbedienza, con la quale obbedì a te. E in questo libro ci sono sette colonne. La prima è il Battesimo. La seconda, l’astinenza sua col digiuno e dalle azioni illecite e dai peccati e anche dalla voluttà e tentazione della sua carne. La terza colonna è l’orazione e il buon proposito che ebbe verso di te. La quarta colonna, le sue buone opere in elemosine e altre opere di misericordia. La quinta colonna è la sua speranza in te. Sesta, la fede ch’ebbe come cristiano. Settima, la carità di Dio.

Detto questo, il Giudice così parlò rivolto all’Angelo buono: Ov’è il tuo libro?
Egli rispose: Nella tua visione e nella tua carità, mio Signore. Allora Maria, rimproverandolo disse al diavolo: Come avevi custodito il tuo libro e come mai vi si è cancellato quello che v’era scritto?

Disse allora il diavolo: Ahimé, mi hai ingannato.
Poi disse il Giudice alla piissima Madre sua: Tu davvero hai ottenuto in questo giudizio una sentenza ragionevole e hai giustamente guadagnata quest’anima.
Il diavolo quindi gridò: Io l’ho perduta, sono stato vinto! Ma dì un po’, Giudice, fino a quando terrò quest’anima per via di quelle spazzature?
Rispose il Giudice: Te lo dirò io. I libri sono stati aperti e letti; ma dimmi, diavolo, sebbene io tutto sappia, quest’anima secondo giustizia deve andare in cielo o no? Ti permetto di vederlo e saperlo ora, secondo la verità della giustizia

Rispose il diavolo: In te è la giustizia, cosicché, se qualcuno muore senza peccato mortale ed ebbe la divina carità, è degno di avere il cielo. Dunque, giacché quest’anima non morì in peccato mortale ed ebbe la divina carità, è degna per diritto di avere il cielo, dopo la sua purificazione.

Il Giudice rispose: Dunque, perché ora ti ho aperto l’intelletto e ti ho permesso di vedere il lume della verità e della giustizia, dì a quelli che ascoltano, come a me piace, quale debba essere la giustizia per quest’anima.
Rispose il diavolo: Che sia purificata, che in lei non resti una macchia, perché anche per giustizia è tua. Però è ancora immonda e non può venire a te senza essere prima purificata. E come tu, Giudice, lo hai chiesto a me, così io ora chiedo a te per quanto deve essere purificata e fino a quando deve stare nelle mie mani.

Rispose il Giudice: Ti si comanda, diavolo, di non entrare in essa, né possederla, ma di purificarla fino a quando sarà pura e immacolata. Ella soffrirà infatti la pena secondo il modo della sua colpa. Peccò infatti tre volte con la vista, tre volte con l’udito, tre volte con il tatto. Perciò in tre modi dovrà essere punita nella vista: primo, deve vedere personalmente i peccati e le abominazioni sue; secondo, deve vedere te nella tua malizia; terzo, deve vedere le miserie e le pene terribili delle altre anime. E similmente tre volte deve essere punita nell’udito: primo, deve udire il « guai » orribile, perché volle udire la propria lode e le piacevolezze del mondo; secondo, deve udire gli orribili clamori e le irrisioni dei demoni; terzo, udrà insulti e insopportabili sventure, quanto più dilettoso e fervoroso fu il suo amore del mondo e non di Dio e quanto più servì al mondo e non a Dio. E anche in tre modi sia afflitta nel tatto. Primo, arda di fuoco interiore ed esteriore ardentissimo, da non restare in essa alcuna macchia, che non sia purgata nel fuoco; secondo, patisca il massimo freddo, perché ardendo di tanta sua cupidigia, era fredda nella mia carità; terzo, sarà nelle mani dei demoni affinché non ci sia nessun pensiero o parola, per quanto minimi, che non siano purgati, fin quando sia come oro, purificata al fuoco e al crogiolo, a piacere di chi lo possiede.

Allora disse di nuovo il diavolo: Fino a quando sarà in questa pena quest’anima?
Rispose il Giudice: Fino a quando la sua volontà desiderava di vivere nel mondo. E siccome era tale che di buon grado avrebbe vissuto nel corpo sino alla fine del mondo, perciò codesta pena deve durare fino alla fine del mondo. Difatti è questa la mia giustizia: chiunque ha in sé la divina carità e mi desidera con ogni desiderio, volendo essere con me e staccarsi dal mondo, questi deve ottenere il cielo senza pena, perché l’esame nella vita presente è la sua purificazione. Chi poi teme la morte, per l’acerba pena che è e per l’acerba pena futura e vorrebbe vivere più a lungo per emendarsi, deve avere più leggera pena nel Purgatorio. Chi poi ha volontà di vivere fino al giorno del giudizio, anche senza peccare mortalmente, ma solo per desiderio di vivere in perpetuo, dovrà soffrire fino al giudizio.
Rispondendo allora la piissima Madre, disse: Benedetto sii tu, Figlio mio, per la tua giustizia, che è con ogni misericordia. Sebbene infatti noi tutto vediamo e sappiamo in te, tuttavia perché lo sappiano anche gli altri, dicci qual rimedio debba essere usato per accorciare un così lungo tempo di pena, quale mezzo per estinguere un fuoco così ardente e come possa essere liberata quest’anima dalle mani del demonio.

Rispose il Figlio: Nulla si può negare a te, perché sei la Madre della Misericordia e cerchi e procuri misericordia per tutti. Son dunque tre i rimedi, che fan diminuire così lungo tempo di pena ed estinguere quel fuoco e liberare dalle mani dei demoni. Il primo è se da qualcuno si restituisce quel che da un altro è stato ingiustamente sottratto ed estorto, o doveva essere da lui giustamente dato: questa infatti è la giustizia con la quale l’anima è purificata o per le preghiere dei Santi, o con le elemosine, o per le opere degli amici, o per purificazione a ciò proporzionata. Il secondo è un’abbondante elemosina, con la quale difatti è cancellato il peccato, come con l’acqua è spento il fuoco. Il terzo è l’offerta del mio Corpo sull’Altare, in suo favore e con le preghiere degli amici. Son queste tre cose che lo libereranno da quelle tre pene.
Chiese di nuovo la Madre della Misericordia: E a che gli giovano ora le opere buone da lui fatte per te?
Rispose il Figlio: Non me lo chiedi perché non lo sai, mentre tutto sai e vedi in me, ma me lo chiedi per far conoscere agli altri la mia carità. Certamente, neppure la minima parola o il minimo pensiero, pensato in mio onore, rimarrà senza ricompensa, perché quel che ha fatto per me, ora è presso di lui a suo refrigerio e conforto; e perciò prova minor pena di quanta altrimenti sentirebbe.

Poi di nuovo parlava la Madre al Figlio dicendo: Perché e come mai quest’anima vive ed è però immobile, come chi non muove né piedi né mani contro i suoi nemici?

Rispose il Giudice: Il Profeta disse di me che io sarei stato muto come un agnello davanti al tosatore. E veramente io tacqui davanti ai miei nemici e perciò è giusto che siccome quest’anima non si curò della mia morte e la stimò così poco, così è ora, per giustizia, come un bambino che non è capace di reagire nelle mani degli uccisori.

Disse la Madre: Benedetto sii tu, dolcissimo Figlio mio, che niente fai senza giustizia. Tu dicesti prima, Figlio mio, che gli amici tuoi potrebbero aiutare quest’anima e tu ben sai che quest’anima mi ha in tre modi servita: primo, con l’astinenza, digiunando cioè alla vigilia delle mie feste e in esse astenendosi in mio nome; secondo, perché leggeva le mie Ore; terzo, perché cantava anche con la sua bocca in mio onore. Dunque, Figlio mio, giacché ascolti gli amici tuoi che gridano in terra, io ti prego anche che ti degni di ascoltare me.
Rispose il Figlio: Chiunque ha un amore più ardente per Iddio, più presto trova esaudite le sue preghiere. E giacché tu mi sei soprattutto carissima, chiedi dunque ciò che vuoi e ti sarà concesso.

La Madre soggiunse: Quest’anima soffrì tre pene nella vista, tre nell’udito, tre nel tatto. Io ti prego, dunque, Figlio carissimo, che tu voglia diminuirne una nella vista, che non veda cioè gli orribili demoni e sopporti le altre due pene, perché così esige la tua giustizia, alla quale non posso contraddire secondo la giustizia della tua misericordia. Poi ti prego che le diminuisca una pena nell’udito, che non oda cioè la vergogna e la confusione sua. Infine ti prego, che anche nel tatto le diminuisca una pena, che cioè non senta il freddo, più freddo del gelo, del quale è degna perché era fredda nell’amor tuo.
Rispose il Figlio: Benedetta sei tu, carissima Madre, niente ti si può negare, sia fatto secondo la tua volontà, come hai chiesto sia fatto.

Concluse la Madre: Benedetto sei tu, Figlio mio dolcissimo, per ogni tua carità e misericordia.
Allora in quel punto si vide uno dei Santi che disse: Lode a te, o Signore Dio, Creatore e Giudice di tutti. Quest’anima devota mi servì nella sua vita: per me digiunò, mi onorò assieme agli altri miei amici col suo saluto, perciò – da parte loro e mia – ti prego: Abbi pietà di quest’anima e per le nostre preghiere donale il refrigerio in una pena soltanto, che cioè i demoni non possano offuscarne la coscienza: essi infatti lo farebbero per loro malizia, se non ne sono frenati, al punto che ella – con la coscienza così offuscata – mai spererebbe la fine della sua miseria e l’ingresso nella gloria, se non quando piacerebbe a te riguardarla con la tua grazia; e questo è il maggior tormento in ogni supplizio. Perciò, mio Signore, concedile – per le nostre preghiere – che in qualunque pena sia, abbia per certo che quella pena finisce e che perverrà alla gloria eterna.

Rispose il Giudice: In effetti questa è la vera giustizia che cioè quell’anima, che tante volte allontanò la coscienza dai pensieri spirituali e dall’intelligenza delle corporali e volle offuscarla e non temette di agire contro di me, ora sia giustamente ottenebrata dai demoni. Ma, giacché voi, carissimi amici miei, avete ascoltato le mie parole e le avete messe in pratica, non posso negarvi niente e farò dunque quello che volete.
Allora risposero i Santi tutti: Benedetto sii tu, Dio, in ogni tua giustizia; tu che giudichi giustamente e niente lasci di impunito. Di poi l’Angelo buono, custode di quell’anima, disse al Giudice: Dal principio della mia missione con l’anima e il corpo di questa persona, io sono stato con lei e la seguivo per la provvidenza della tua carità, ed essa faceva talvolta la mia volontà: perciò, te ne prego, Signore, abbi pietà di lei.

Rispose allora il Signore: Su questo vogliamo deliberare.
E la visione scomparve.

 

DICHIARAZIONE.
Costui fu un soldato, cortese e amante dei poveri, la moglie del quale fece abbondantissime elemosine per lui e morì a Roma, come fu di lei predetto nello Spirito di Dio, e come risulta dal libro III, al cap. 12, F.

 

DAL LIBRO SESTO – CAPITOLO QUARANTESIMO SI SANTA BRIGIDA.
 

Quattro anni dopo questa visione, in cui una certa anima fu condannata al Purgatorio fino al giorno del giudizio, vide ancora la stessa anima presentata dall’Angelo al divin Giudizio quasi già tutta rivestita. Per essa l’Angelo con tutta la milizia celeste pregava Dio e Cristo, che allora la liberò dalle pene e la trasferì nella gloria come una fulgida stella, per le preghiere degli Angeli e dei Santi e le lagrime e i suffragi degli Amici viventi.
Quattro anni dopo questo fatto, vidi di nuovo un giovane splendidissimo (l’Angelo) con l’anima suddetta, già quasi vestita, ma non del tutto.

Al Giudice, che sedeva in trono, mentre lo assistevano una infinita moltitudine e l’adoravano per la sua pazienza e carità, egli disse: O Giudice, questa è quell’anima per la quale io pregavo e tu rispondesti che volevi deliberare. Noi tutti qui presenti dunque di nuovo ti chiediamo per essa la tua misericordia. E anche se noi sappiamo tutto nella tua carità, tuttavia per la sposa tua, che ci ascolta e vede spiritualmente, parliamo a modo umano, anche se non ci sono persone umane fra noi.

Rispose il Giudice: Se ci fosse un carro pieno di spighe e vi fossero molti uomini a prenderne una dopo l’altra, se ne diminuirebbero il numero e il peso; così è adesso. Infatti molte lagrime e molte opere di carità arrivarono a me per quest’anima ed è giusto perciò che venga in tua custodia e tu la trasferisca nel riposo, che né occhio può vedere né orecchio udire, né la stessa anima può nel corpo pensare; dove non c’è cielo sopra né terra di sotto; dov’è immisurabile l’altezza e immensa la lunghezza; dove la larghezza è mirabile e incomprensibile la profondità; dove Dio è sopra e fuori e oltre tutte le cose e regge e contiene tutto, né da alcuno è contenuto.
Dopo ciò fu vista quell’anima salire al cielo, splendente come una stella fulgidissima nella sua luce.

E allora disse il Giudice: Verrà presto il tempo, quando pronunzierò i miei giudizi e farò giustizia contro la progenie del defunto, del quale è quest’anima, perché si sono alzati in superbia. Ma avranno la ricompensa della superbia.

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